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SANGUE CONTAMINATO DA PFAS


«Signora, non beva più acqua del rubinetto!»

Uno studio della Regione Veneto e dell’Istituto superiore della Salute su un campione di residenti nei 29 comuni dell’area compresa tra Vicenza, Padova e Verona ha evidenziato dati preoccupanti sulla quantità di Pfas assorbite dal sangue di quanti si sono sottoposti all’esame. Le analisi evidenziano tracce di sostanze tossiche dieci volte superiori rispetto a quelle rilevate nei cittadini “sani”. Nel corso della nostra inchiesta ci siamo imbattuti in una dichiarazione che ci ha fatto drizzare i capelli. Ad una donna che era stata operata di tumore alla tiroide nel 2008 una dottoressa, un autentico luminare e che abbiamo potuto conoscere per motivi familiari, ha raccomandato:«Signora, da oggi non beva più acqua di rubinetto!».

Domenico Mantoan, direttore della Sanità del Veneto, contaminato dal Pfas:«Ho sempre bevuto l’acqua del rubinetto a Brendola dove risiedo» AREA3 da tempo aveva messo in evidenza, con interventi ad hoc ad esempio della consigliera regionale Cristina Guarda, come gli esiti delle analisi del sangue tardassero ad essere resi noti alla popolazione. Ora che il “disastro” ambientale del Pfas è deflagrato come una nuova Chernobyl (citiamo sempre il titolo del nostro mensile ndr) in tutti i media editi in Veneto e sul TG3 Regionale, si cerca di correre ai ripari. In realtà senza sapere cosa fare ad esempio per i pozzi inquinati dai perfluori e che vengono utilizzati per abbeverare mucche da latte, tori, oppure per irrorare coltivazioni di ortaggi, mais o viti. Tra quanti, dopo l’esame del sangue, si sono trovati contaminati da Pfas la sorte ha voluto ci fosse il dottor Domenico Mantoan, autentico manager dell’emergenza . Il massimo dirigente della Sanità Veneta, di casa all’ospedale di Lonigo dove è rimasto circa un anno, ha concentrazioni 60 volte superiori alla norma. Al Mattino di Padova, il medico internista, direttore della sanità del Veneto, ha raccontato come, all’inizio dell’anno, le sue analisi del sangue abbiano evidenziato concentrazioni di 250 nanogrammi di sostanze perfluoroalchiliche per grammo a fronte di una media fisiologica stimata in 4. Mantoan vive a Brendola, in uno dei comuni a più elevato inquinamento che comprende anche Montecchio Maggiore, Lonigo, Creazzo, Altavilla, Sovizzo, Sarego. «Come tutte le altre persone che vivono in questa zona- spiega con molta semplicità Mantoan- credo di aver assunto questi valori nel sangue bevendo per anni l’acqua erogata dagli acquedotti e inquinata dagli scarichi chimici. Qui, da decenni, ogni comune attinge a pozzi di captazione che pescano nella falda freatica, perciò il contagio è stato inevitabile».


Cristina Guarda: «Ho bevuto acqua di rubinetto fino al 2008. Poi ho smesso».

A riscontrare valori di Pfas superiori alla media è state anche la consigliera regionale di Lonigo Cristina Guarda, che più volte il nostro mensile ha avvicinato sul fenomeno Pfas, anche per comprendere quali iniziative la Regione Veneto avesse intenzione da prendere su una questione che oggi viene definita da tutti i sindaci dell’area come “disastro ambientale”. Le analisi del sangue della giovane consigliera regionale leonicena, dopo la sua richiesta di sottoporsi ad un controllo del sangue, hanno fatto registrare valori di 57 Pfas al grammo di sangue, mentre il Pfoa è nella norma. «Forse e per fortuna- è stata la sua prima reazione – mi sono tutelata scegliendo fin dal 2008 di bere solo acqua minerale in bottiglia. In base al progetto della Regione di effettuare un monitoraggio su 120 comuni ho fatto richiesta di sottopormi all’esame del sangue anche in seguito alle dichiarazioni del dottor Florio dello Spisal che non avevano aderito all’iniziativa in particolare i giovani sulla fascia di età compresa tra i 20 e i 29 anni. Io ero tra questi e così mi sono offerta come volontaria. Dopo aver risposto ad un questionario dello Spisal il 12 febbraio ho effettuato gratuitamente il prelievo. Ora credo non sia più possibile effettuare analisi gratis, analisi specifiche che non tutti i laboratori posso eseguire; attualmente, a quanto mi risulta, ce n’è uno nel trevigiano ». «Come piccola imprenditrice agricola – aggiunge la consigliera regionale- vorrei porre l’accento sulle difficoltà che sono costretti ad affrontare allevatori e coltivatori che ricorrono non solo all’uso dei pozzi privati contaminati dal Pfas, ma anche all’acqua di superficie, cioè a quella dei fossati. Credo che per la Regione Veneto sia arrivato il momento di lasciare da parte proclami di principio e di aiuto all’agricoltura, ma passare a vie di fatto, cioè ad iuti concreti. è assurdo dichiarare alla stampa che gli agricoltori e gli allevatori verranno in parte compensati se faranno uso di acqua dell’acquedotto. Dal momento che non sono stati loro a procurare questo disastro ambientale la Regione deve trovare il modo per risarcirli del tutto magari attingendo fondi dagli aiuti concessi agli industriali che nel passato hanno creato inquinamento diffuso anche nelle falde acquifere, vedi il comparto della concia».


di Rino Boseggia


(segue su AREA3 maggio 2016 n°65)


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